Pur comune, raramente il quarzo è così abbondante e in forme perfette come al Dosso dei cristalli, familiarmente el Doss, uno dei giacimenti più famosi delle Alpi.
Per via dell’unicità e della bellezza dei suoi cristalli, è citato su tutti i testi di mineralogia.
Il quarzo, biossido di silicio, è il secondo minerale più abbondante sulla Terra, pertanto è diffuso sia come costituente delle rocce sia come accessorio. Spesso i fluidi circolanti, in questo caso ricchi di silice, convogliati nelle faglie tardo-alpine posteriori all’orogenesi, hanno dato luogo a filoni quarzosi. Questo è ciò che è avvenuto al Dosso dei cristalli il cui giacimento, assieme a frammenti di rocce incassanti, accoglie geodi e fratture ricche di cristalli di superba qualità, a volte associati a magnesite.
La prima testimonianza, solo un cenno, è del 1616. Se ne parla, poi, agli inizi dell’Ottocento, per non contare le tante guide turistiche della seconda metà di quel secolo che ne lodavano lo splendore.
Tra gli studiosi di mineralogia che si interessarono al giacimento, Ettore Artini, professore dell’Università di Milano, studiò le forme dei cristalli e fu contestato da alcuni colleghi. Le critiche che seguirono diedero notorietà al luogo che attirò i primi collezionisti.
Allo stesso periodo risale la ricerca mineraria da parte di Antonio Masa di Lanzada, figlio del primo concessionario di miniere di amianto e lui stesso concessionario per il medesimo minerale.
Il quarzo era recuperato per fini collezionistici.
Un altro personaggio, il cui nome è legato ai quarzi del Doss, è Arturo Gianoncelli.
Prima della guerra, e anche durante i primi anni del conflitto, estraeva campioni estetici da destinare al collezionismo.
In seguito, nel periodo nazi-fascista, dal 1943 al 1945, il filone fu sfruttato intensamente da una ditta germanica che, con l’ausilio di manodopera locale esonerata dal servizio militare, recuperava materiale per l’industria ottica ed elettronica di guerra e Gianoncelli passò alle dipendenze dei Tedeschi.
A guerra finita egli ritornò, concessionario, ad estrarre in quei luoghi a lui familiari.
Negli anni successivi, quando era ancora in esercizio la adiacente miniera di talco, nugoli di persone recuperarono quarzi al Doss. Non ultimi i minatori che, alla fine del turno di lavoro, restavano a cercare.
Il collezionismo reclamava forniture, privati e negozi vendevano.
Chiusa la miniera di talco della Bagnada nel 1987, alcuni cercatori ebbero libero accesso alle gallerie dove, in tranquillità, recuperarono campioni eccezionali.
Dal 2006 il giacimento del Doss rientra nella zona mineraria del Museo della Bagnada ed è pertanto vietato cercare minerali, quarzo compreso.