Storia del rifugio Marco e Rosa De Marchi - Agostino Rocca (3609 m)
La prima capanna
La capanna fu costruita per dare un punto di appoggio alle ascensioni dal versante meridionale del Pizzo Bernina. A metà del 1800 dopo le prime esplorazioni, iniziò sul versante svizzero il turismo di montagna mentre sul versante italiano si dovette attendere la fine degli anni ’70, forse anche a causa della morfologia. Tra i primi alpinisti che esplorarono queste montagne vi fu Damiano Marinelli, che, avvertendo la mancanza di un rifugio sulla via verso il Bernina, propose e finanziò la costruzione del rifugio che oggi porta il suo nome (Rifugio Marinelli-Bombardieri); tuttavia da lì l’ascensione al Bernina era ancora lunga e faticosa per via della barriera rocciosa sul versante sud ovest. Si avvertiva la necessità di un punto di appoggio anche più in alto. Il maggior alpinista di quel tempo, Alfredo Corti, nel 1910, stava effettuando un’ascensione al Bernina con gli amici Marco De Marchi e Rosa Curioni, ma la salita s’interruppe presso la forcola di Cresta Guzza, all’imbocco di un canalone che dal ghiacciaio del Morteratsch scende verso il ghiacciaio di Scérscen Superiore. In quell’occasione prese forma l’idea di costruire proprio lì un rifugio alpino. Nello stesso luogo, i tre amici s’incontrarono casualmente l’anno successivo, questo consentì di valutare più dettagliatamente le caratteristiche del terreno. Marco e Rosa De Marchi si entusiasmarono all’iniziativa e sapendo di poter contare sulle capacità del loro amico Alfredo Corti, decisero di finanziare la costruzione del rifugio. Nei tre anni successivi il progetto fu elaborato, si fecero i sopralluoghi e fu chiamata come consulente la celebre guida alpina Christian Klucker, che seguì i lavori di costruzione. Nell’estate del 1913 si aprì il cantiere. Dopo un’attenta valutazione si decise di trasportare i materiali dal versante svizzero, passando dal ghiacciaio del Morteratsch, per la brevità del percorso. Fu proposto di costruire il rifugio alle guide alpine della Valmalenco, ma dopo il loro diniego, furono assunti 5 operai di Spriana e Torre Santa Maria. Le operazioni di trasporto dei materiali avvennero con l’ausilio di teleferiche portatili e furono ostacolate dai numerosi crepacci, dal persistente maltempo e dalle continue nevicate che crearono grande disagio. Quando i materiali furono sul luogo di costruzione, condizioni climatiche più favorevoli permisero l’edificazione del rifugio. I coniugi De Marchi fecero atto di donazione del Rifugio alla Sezione Valtellinese del C.A.I. di Sondrio e come segno di gratitudine nei loro confronti, al rifugio venne dato il nome Marco e Rosa.
Il Rifugio venne inaugurato il 14 Settembre 1913. Erano presenti fra gli altri il vice presidente della sezione, i coniugi De Marchi, Alfredo Corti, la madrina del rifugio la signora Lina Barassi Sada; dopo l’intervento del vice presidente della Sezione Valtellinese del C.A.I. di Sondrio, Marco De Marchi lesse il discorso inaugurale terminando con un messaggio di auguri ai frequentatori della montagna. Nelle intenzioni dei suoi costruttori il rifugio sarebbe dovuto durare una ventina d’anni invece resistette per molto tempo.
La seconda capanna. Data l’assidua frequentazione degli alpinisti cinquant’anni dopo ci si rese conto che le dimensioni della capanna erano troppo modeste e ci si pose il problema di edificare un nuovo rifugio. Il consiglio della sezione valtellinese del C.A.I. di Sondrio si riunì nel 1962 deliberandone il progetto. Per l’edificazione si seguì l’esempio della costruzione del Rifugio Gonella sul Monte Bianco e si decise di muoversi nella stessa maniera. Il progetto venne realizzato nel 1964. Fu coinvolto il progettista Lino Andreotti per la progettazione dei moduli costruttivi. Le varie parti del rifugio vennero inviate a Montagna in Valtellina dove fu montato e dove si studiò la prevenzione per l’edificazione in alta quota, di questa operazione si occupò in particolare il fabbro Luigi Nesa che prese parte anche ai lavori definitivi. Presso la futura ubicazione del rifugio la guida alpina Peppino Mitta coordinò la squadra di muratori per lo scavo delle fondamenta in pietre e malta mentre i sassi furono portati dalle numerose cordate di passaggio. Il nuovo rifugio venne costruito tra i mesi di luglio e agosto, i materiali prefabbricati furono trasportati da Sondrio a Bernina Bassa, da dove venivano caricati sulla funivia e inviati alla Capanna Diavolezza a quota 2970 m grazie all’aiuto degli svizzeri, da qui venivano prelevati dagli elicotteri che li portavano al cantiere a quota 3600 m, dove fu costruito il rifugio. L’inaugurazione prevista per il 30 agosto venne ostacolata dal maltempo, solo una parte degli alpinisti raggiunse il rifugio, gli altri due gruppi erano bloccati al Rifugio Marinelli e alla Capanna Diavolezza, dove si trovavano anche l’allora Presidente Bruno Credaro, che tenne il discorso inaugurale, mentre Alfredo Corti, assente per motivi di anzianità, era rappresentato dalle due figlie a dal nipotino. Verso mezzogiorno il tempo andò migliorando così il parroco alpinista Don Augusto Azzalini salì con altri dal Rifugio Marinelli e raggiunse il rifugio dove celebrò la S. Messa. Fra i presenti c’era l’ing. Ugo Salengo che aveva partecipato anche all’inaugurazione del rifugio nel 1913, la madrina del rifugio Sig.ra. Antonia Marlianici inaugurava la capanna con la classica bottiglia di champagne. Qualche ora dopo le autorità svizzere giunsero sul posto con l’elicottero. Negli anni successivi il rifugio fu oggetto di continua manutenzione e di vari interventi per il miglioramento dell’impianto di illuminazione e dell’impianto per la produzione dell’energia elettrica.
Il rifugio oggi. La capanna del 1964, costituita inizialmente da strutture in ferro e tamponamenti in lamiera, nel corso del tempo stava subendo un irreversibile degrado. Nel 1999 la Sezione Valtellinese del C.A.I. di Sondrio deliberò di effettuare una nuova ristrutturazione dividendo il progetto in tre fasi: progettazione, reperimento dei fondi e costruzione. Il progetto fu affidato all’architetto Stefano Tirinzoni che pose l’obiettivo di proporre soluzioni innovative sia per le tecnologie che per garantire il minimo impatto ecologico. All’uso di materiali naturali come il legno si affiancò l’installazione di impianti tecnici per lo sfruttamento dell’energia solare per la produzione di energia elettrica e per il riscaldamento. Il progetto fu ispirato dalla costruzione del rifugio Keschutte con tecnologia simile. I fondi furono assicurati in parte da Regione Lombardia, in parte dalla società Stelline e dai familiari di Agostino Rocca per ricordare il figlio tragicamente scomparso nell’aprile 2001 in un incidente aereo. La costruzione del nuovo rifugio si svolse nell’estate 2002 nonostante le condizioni climatiche proibitive con vento, temperature rigide e abbondanti nevicate che ostacolarono i lavori sul cantiere. Nel mese di luglio si fecero gli scavi nella roccia per l’edificazione delle fondamenta in pietra e malta. A inizio agosto fu realizzato il piano terra, a metà mese in 5 giorni venne montata la struttura prefabbricata. Mentre il bel tempo favoriva le operazioni, due elicotteri trasportarono i vari carichi accuratamente organizzati e programmati per la costruzione. I lavori per l’interno e le finiture esterne proseguirono fino a inizio ottobre, quando per via delle condizioni climatiche vennero sospesi. Nei mesi di giugno e luglio 2003 si ultimarono i lavori. L’architetto Stefano Tirinzoni fu coadiuvato da Carlo Boschetti e Angelo Schena, mentre il gestore del rifugio Giancarlo Lenatti, con i suoi due collaboratori Michele Fanoni e Giuseppe Pedrolini, supportò il cantiere. Al nome del rifugio venne aggiunto quello di Agostino Rocca in segno di riconoscimento per il finanziamento prestato dai familiari per i lavori di riedificazione. Il 13 Luglio 2003 il nuovo rifugio fu inaugurato alla presenza di numerose autorità, tra gli altri il Presidente Generale del C.A.I. Gianmaria Bordoni, il presidente del Credito Valtellinese Miro Fiordi che accompagnava Lucia Corti in rappresentanza di suo padre Alfredo Corti, il Leone del Bernina, il grande alpinista Walter Bonatti, alcune guide alpine che in passato avevano avuto in gestione il rifugio, il gestore Giancarlo Lenatti, i tre attuatori del progetto Stefano Tirinzoni, Carlo Boschetti e Angelo Schena, la presidente della sezione Valtellinese del C.A.I. di Sondrio Lucia Foppoli e molti altri. Venne celebrata la S. Messa, seguita dai discorsi d’inaugurazione da parte di Lucia Foppoli e Stefano Tirinzoni e, infine, si stapparono le bottiglie per innaffiare l’ottimo pranzo, seguito da una gigantesca torta. Il nuovo rifugio era pronto per dare amichevole accoglienza agli alpinisti di passaggio.