Zona di particolare interesse, dato dalla ricchezza mineraria, è posta al culmine elevato di una parete di serpentino a ovest delle casupole di “Ui” in cima a un ripiano con zolle erbive, si accede alle tre miniere est, praticabili dalla partenza della teleferica a quota 1645 mt. Esistono altre due miniere ad ovest dietro la roccia denominata “Trona del cirul”, raggiungibile risalendo per 20 mt. fino alla baita, dove si scorge a nord est l’imbocco delle due cave. Quella a sinistra ha sull’entrata a destra la scritta “1690 non più speranza”, mentre quella a destra della cava, con in fondo un pozzo stagnante di color ruggine, mostra a destra all’entrata il passaggio esposto detto “da mèz’ l crap” di bellavista che si supera con un poco di difficoltà. Si vedono due finestre della miniera. Il percorso veniva usato come scorciatoia dai cavatori per accedere alle vecchie case del Pirlo, senza perdere quota. La baita in cima alla salita d’entrata della cava, come da testimonianze di Andrea Cirolo, apparteneva alla fam. Gaggi, in seguito ereditata dalla famiglia di Cirolo Alfonso prima del 1900, con ascendenti provenienti dalla fam. Gaggi detta la “Cà di troni Rusi”. Questa testimonianza fa ritenere che fu la prima casa della zona di Ui costruita proprio in funzione all’estrazione dei metalli. Cirolo Alfonso dal 1920 al 1950 rimase ad estrarre e tornire la pietra ollare, da qui l’omonimo nome della cava, dove è ancor bene evidente il banco di pietra utilizzato da lui. Ricordo Alfonso durante gli anni 1945/50 quando ogni giorno passava sul sentiero, sottostante la nostra casa, per andare al tornio con un blocco di pietra in spalla, il “ciapuñ” per ricavare i laveggi. Sopra la baita di Alfonso c’era un’altra casa, che ricordo ancora bene, ma non più abitata. Era quella dei due fratelli Pedrolini, detta “la cà del Bambòc” e poco sopra, sul sentiero che andava verso l’Alpe Giumellino, un grosso masso fungeva da tetto murato all’entrata, detto “l sas di bambòc”. Qui vivevano i Pedrolini nel periodo estivo allo stato brado, miseramente con la risorsa di una capra fino alla morte dell’anziano nel 1936. Ma essendoci anche una miniera al “Doss di malosi” con alcune cave delle Malosse, una era detta “Trona del Bambòc” profonda 12/15 m con in fondo un pozzo. Anche a Sasso, “Sö`l Ciàz”, c’era la “Cà di Bambòc” ultimamente sfruttata come “Tegia da quagiä” dalla famiglia Tino Schenatti “Spruc”, attiva fino al 2004, ereditata dallo zio Renzo Gaggi. Ciò fa pensare che i fratelli Pedrolini acquisirono il soprannome solo perché vennero ad abitare nelle proprietà dei “Bambòc”, originari di altre famiglie, forse i Ferrari che possedevano beni sia a Montini che a Sasso o i Gaggi, già proprietari del casato. Dalla ricerca fatta a suo tempo sui minerali di fusione è emerso che questa miniera è l’unica zona estrattiva di grande rilevanza per la sua mole di lavoro, che durò alcuni secoli. Quella roccia nuda, traforata con sudori umani, è testimonianza dell’estrazione dalle sue viscere del prezioso minerale di rame e di ferro. Rimane un’autentica zona da visitare. Ormai nascosta e mimetizzata dalla vegetazione incolta, con sparuti fili d’erba selvaggia ghiotta alla lepre bianca e alla coturnice, sorvegliata solo dai rapaci. Questa zona fin’ora anonima venga messa in evidenza per valorizzare e portare a conoscenza collettiva il contesto minerario delle pietre verdi del Pirlo, con tutta la sua storia estrattiva metallifera. Di grande interesse anche la lavorazione ai torni alimentati ad acqua per la produzione dei laveggi per cucinare e dei contenitori per la conservazione dei cibi. La miniera ovest è ritenuta la più interessante per la sua composizione e varietà di minerali oltre alla preziosa pietra verde (Trona del Cirul), affiancata sulla destra da quella del “Puz”, realizzata con l’aiuto di alcuni appassionati (il fratello Alberto Gaggi con la moglie Noi e il figlio Ati, i nipoti Maurizio Guastaferro e Massimo Zampieri, Rinaldo Vedovatti, Mauro Guerra, Alberto Fojanini, Vico Bevilaqua, Martino Faldrini, Alfredo Dell’Agosto e Sandrino Longhini). Con convinzione mi auguro che queste persone radicate alla propria valle riescano a mantenere e tramandare questo patrimonio vivo nel tempo. Insieme, con entusiasmo e animazione, si è sistemato l’accesso e pulito il percorso dai detriti, mettendo in evidenza le caratteristiche estrattive dei metalli (ferro e rame) oltre a quello più recente della pietra ollare, per presentare così una palestra di studio piacevole per chi ama la mineralogia e geologia di rilevanza storica etnografica.