La leggenda // Lo chiamavano Pizzo Bello perché pascoli lussureggianti lo coprivano in perpetuo. I pastori non si stancavano mai di guardare la bella montagna e di ammirarla; un giorno un mendicante stanco ed affamato chiese loro un po’ d’ospitalità ma essi lo cacciarono: intenti a rimirare lo splendore del Monte non avevano altri occhi che per lui. Quel mendicante alzò allora una mano, una mano terribile, e maledisse la montagna tanto più cara al loro cuore che l’amore di Dio: le fiamme la avvolsero bruciandola fino alla vetta e il grande bagliore accecò i pastori. Da allora è chiamato monte Disgrazia e le sue rocce sono rosse e l’erba più non vi cresce; i pastori però assegnarono l’antico nome ad una cima più modesta, per consolarsi e per poter venerare di più la gloria del Signore. (1)
La capanna Maria // Nel 1884 alcuni topografi del Genio Militare, accompagnati dalla guida Scilironi “Fuìn” di Spriana, si accamparono presso la cima del Disgrazia, a 3600 metri, per compiervi rilevamenti. Qui, tra il 1885 e il 1886, le guide Michele ed Enrico Schenatti edificarono per conto del C.A.I. valtellinese un ricovero che fu inaugurato il 30 luglio dello stesso anno, “ ha le seguenti dimensioni: metri 2,78 di lunghezza, metri 1,60 di larghezza; e l’altezza massima e minima m. 2 e 1,13. Vi si può stare in tre, un po’ stretti, quindi caldi, ed è ciò che si cerca lassù, ben sicuri dalle intemperie perché nella sua eleganza e strettezza è forte e resistente. Inoltre vi si trovano quei comodi che sono indispensabili, come coperte, una piccola macchina che serve da cucina economica ed altro che non sarà al certo tanto facilmente rubato.” La Capanna del Disgrazia, o Capanna Maria, ebbe vita breve: esposta alle intemperie, andò verso un progressivo declino e alla quasi totale scomparsa. (2)
La gallina nello zaino // Uno dei prodotti meglio riusciti della nuova stirpe di guide alpine fu certamente Enrico Schenatti di Chiesa in Valmalenco. Era un bell’uomo, alto, ben piantato, con un paio di baffi di quelli che ormai se n’è perduto anche il ricordo; univa all’ardimento una sicurezza che da lui si infondeva nei compagni di cordata, tanto che in una lunghissima serie di ascensioni non gli capitò mai nessun incidente. Avendo sempre come punto di partenza Chiesa, salì 135 volte il Disgrazia e 85 il Bernina, sostando per la notte nei piccoli rifugi di Corna Rossa o della Marinelli, che erano già sorti. Quando i clienti lo contattavano, andava nel pollaio, ammazzava una gallina e, messala nel sacco con le altre provviste, partiva; ad Airale o a Musella faceva provvista di un po’ di legna secca che aggiungeva al carico. Alla sera, nella piccola capanna, preparava una deliziosa minestra con il brodo della gallina fatta lessare, mentre la carne serviva per il giorno dell’ascensione: semplice e sapiente organizzazione logistica.