Amianto, o asbesto, non sono termini scientifici, non esiste nessun minerale con questi nomi. Ereditato dagli usi industriali e normativi, è entrato nel nostro linguaggio ed è abitualmente utilizzato.
La scienza informa che ci sono tanti amianti: sei diverse specie mineralogiche che condividono la struttura asbestiforme, oltre che le proprietà, e alle quali si dà il nome amianto.
Per queste comuni caratteristiche, l’industria li ha riuniti in un solo gruppo e li chiama amianto.
Le principali proprietà sono la resistenza al fuoco e al calore, la resistenza agli agenti chimici e biologici. Inoltre sono filabili e fonoassorbenti.
L’amianto di Valmalenco si chiama crisotilo.
Per quasi due secoli, i locali trovarono sostentamento in questa preziosa risorsa che fu un’alternativa all’emigrazione.
Dopo mezzo secolo di speranze e delusioni, finalmente nel 1867 prese avvio un’organizzata estrazione mineraria, chiamata in gergo coltivazione, i cui pionieri furono i lanzadesi Antonio Masa e Giovanni Fornonzini.
Ma altri concessionari non si fecero scappare l’occasione: la grossa ditta romana, Baviera & Del Corona, alcune potenti società inglesi e diverse piccole locali.
In tempi antecedenti il secondo conflitto mondiale, fecero la loro comparsa ditte italiane che continuarono la ricerca fino al 1975, anno di chiusura dell’ultima miniera di amianto.
Tutta la Valle fu setacciata nella speranza di trovare giacimenti produttivi, ma fu soprattutto il territorio di Lanzada quello più ricco di miniere e di minatori.