La macinazione delle granaglie coltivate
In Valmalenco una delle attività artigianali era la macinazione del grano, del frumento e della segale nei mulini ad acqua. Erano costruiti tutti con lo stesso criterio: un canale di legno (canàal) convogliava l’acqua del ruscello a formare una cascata su due enormi ruote di legno (rudùn) situate in una fossa a fianco del mulino; di qui l’acqua, finito il suo compito, defluiva di nuovo nel ruscello originario. Sullo stesso asse della ruota grande, ma all’interno del mulino, girava un’altra ruota più piccola, che sul fianco aveva un cerchio di denti, i quali, collegati ad un’altra ruota orizzontale pur essa dentata, la faceva girare in senso orizzontale. Sull’asse di quest’ultima era fissata la macina di sasso, e, di mezzo alle due, un’altra macina fissa. Sopra la macchina c’era una grossa tramoggia di legno, a forma di tronco di piramide rovesciata, in cui si versava il grano da macinare, che lentamente scendeva nella macina, sollecitato dalle vibrazioni di un grosso bastone che batteva sulla macchina in movimento. Sui fianchi della macchina c’erano dei cassoni di legno in cui giravano, mossi dalla stessa ruota esterna, con opportuni accorgimenti, i setacci dalla farina, dal più fine al più grosso, che separavano la farina fina della crusca, lasciando cadere ciascuna nell’apposito scomparto. La farina di mais sarebbe diventata polenta, pasta, tagliatelle, la crusca nutrimento per le galline, mucche e maiali e la farina di segale, pane. Chi aveva il mulino, di solito aveva anche il forno per il pane.