Il serpentinoscisto è una roccia metamorfica dalla tipica tessitura scistosa, caratterizzata dalla disposizione allineata dei minerali su piani paralleli. Questa struttura naturale conferisce alla pietra la preziosa capacità di dividersi in grandi lastre sottili e piane, ideali per la produzione delle celebri piòde.
Nel massiccio roccioso del Giovello, le fratture naturali segmentano la roccia in blocchi, distinguibili in due famiglie principali: i “tai”, verticali, e le “mulädi”, parallele alla stratificazione. I cavatori cercavano le cosiddette "banche buone", strati lavorabili alternati a "banche false", rocce amorfe inadatte alla lavorazione.
Una volta individuato un banco di qualità, si procedeva con lo scavo sotterraneo, profondo anche 250-300 m, mantenendo una galleria di accesso (buchèl) e chiudendo progressivamente i vuoti con muri a secco e detriti. Le cave seguivano le bancate in discesa o rimonta, adattandosi all’inclinazione del giacimento.
Agli inizi del '900, una svolta rivoluzionaria: alcune compagnie introdussero lo scavo orizzontale, forando la roccia attraverso banche buone e false. Le bancate inutili venivano solo attraversate, mentre le migliori venivano estratte integralmente. Questa tecnica permise l'installazione di rotaie e carrelli, semplificando sensibilmente il trasporto del materiale verso l’esterno.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la richiesta di piòde aumentò sensibilmente, anche per edifici prestigiosi in Italia e all’estero. Per accelerare i tempi di escavazione, si adottarono esplosivi e martelli pneumatici, abbandonando mazze e vanghe tradizionali. Tuttavia, l’uso intensivo degli esplosivi compromise la stabilità delle cave.
Negli anni successivi, le compagnie di cavatori si ridussero sempre più, fino a scomparire definitivamente nel 1987. Con loro si chiuse un capitolo straordinario della storia mineraria della Valmalenco, segnato da fatica, ingegno e profondo legame con la montagna.