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La strada per Campo Moro

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  • Raggiungibile a: Piedi, Bici, Auto

    Per la realizzazione delle grandi opere idroelettriche occorreva costruire strade di montagna che raggiungessero i vari cantieri in quota. Questa nuova rete viaria alpina divenne essa stessa una grande opera ingegneristica, dove tornanti, gallerie, parapetti e massicciate segnarono progressivamente i versanti delle montagne della Valmalenco. La strada Lanzada - Franscia - Campo Moro venne iniziata nel 1949 dalla Società Vizzola, portandola poi alla transitabilità per i mezzi di cantiere con la metà degli anni '50 del secolo scorso. La strada, con le sue 18 gallerie che la rendono transitabile da Lanzada a Campo Moro, alle quali se ne aggiunge un'altra che immette nel parcheggio nei pressi della diga di Alpe Gera, venne aperta interamente al pubblico solo negli anni ’90 del Novecento. Fino alla metà degli anni ’60 gli alpeggi della zona erano raggiungibili solo attraverso un sentiero storico di montagna che da Lanzada saliva a Franscia, Dosso dei Vetti, Campascio e Foppa, fino a raggiungere Campo Moro e da qui proseguiva verso l'alta valle del Cormor.

    Parla l'esperto
    Nemo Canetta, Giancarlo Corbellini

    Itinerari automobilistici degli anni ‘70: 

    Chiesa - Lanzada - Campo Franscia - Dighe di Campo Moro e di Alpe Gera da Tornadri alle dighe

    L’itinerario, di interesse naturalistico-mineralogico, si svolge interamente su buone strade asfaltate fino a Campo Francia. La rotabile Campo Francia Campo Moro appartiene all’ENEL e, in casi eccezionali, può essere chiusa senza preavviso al traffico privato. A fondo naturale, deve essere percorsa con attenzione. Tempo di percorrenza tre ore. Dalla piazza della parrocchiale di Chiesa si attraversa il paese per la via Roma e, seguendo le indicazioni, all’incrocio del Bazar Silvana si imbocca la strada che scende a sinistra verso il Mallero che si supera su di un ponte di ferro. Dopo un tornante si lascia a destra la deviazione per Caspoggio e Torre di S. Maria e si continua in costa per attraversare il torrente Lanterna. Si superano gli impianti per la lavorazione del serpentino Marmi Pedrotti, si costeggiano le ultime contrade di chiesa Vassalini (indicazione per il campo sportivo), Olivi e Prai e si entra nel territorio del Comune di Lanzada. Si continua tra prati punteggiati da sempre più frequenti villette e si entra in paese per la via principale, evitando di aggirarlo per la circonvallazione bassa che si congiunge adesso dall’altezza della centrale idroelettrica. Giunti sulla piazza della parrocchiale, è consigliabile una sosta per la visita alla chiesa e dell’attiguo borgo. Risaliti in macchina si aggira la chiesa e si sbocca sulla provinciale, ma proprio davanti alla centrale idroelettrica si scende sulla destra per percorrere la vecchia strada bassa e che attraversa gli ultimi centri abitati in permanenza Ganda, Vetto e Tornadi. In particolare il primo, posto oltre il Lanterna, ha ancora conservato la primitiva struttura e la sua cappella conserva un quadro del Ligari del 1756 raffigurante la Madonna addolorata. Dal punto di vista geologico, ci troviamo nella zona tettonicamente più profonda della Valmalenco in quanto vi affiorano i micascisti di Lanzada che qui rappresentano la falda Suretta. Al di là di Tornadi si ritorna sulla provinciale, si oltrepassa una bella cascata alta una decina di metri e si inizia a inerpicarsi sulla costa del Monte Motta con una ardita serie di tornanti e di gallerie, in un ambiente sempre più selvaggio ma che offre nel contempo meravigliose vedute sulla parte meridionale della valle. La strada sale rapidamente e dopo l’ultimo tornante, dal quale parte la carrareccia che porta a Ponte, inizia il lunghissimo mezza costa, quasi sempre in galleria, verso la parete di roccia picco, alta 500 metri e intagliata nelle impraticabili gole del torrente Lanterna, che chiude la valle. Dopo qualche galleria la strada costeggia il famoso Dosso dei Cristalli, facilmente localizzabile per nativi impianti minerari. Dopo una curva, si entra nella lunga galleria che dà modo di superare il citato salto di roccia e si sbocca in Valbrutta, zona assai importante per quanto concerne l’industria estrattiva. A destra, si notano le cave di serpentino, a sinistra quelle ben più interessanti di talco, le cui gallerie hanno raggiunto una notevole estensione nelle viscere del sovrastante monte. Un’ultima galleria e si raggiunge Campo Francia, piccolo abitato permanente, posto in un ambiente selvaggio e pittoresco, che ha registrato un forte incremento turistico grazie alla costruzione della strada per le dighe e che di anno in anno si arricchisce di nuove ville (8 km). Da Campo Francia si supera la stanga ormai sempre aperta nei mesi estivi si inizia a risalire la strada privata dell’ENEL, in terra battuta, larga e comoda, ma priva di parapetti e quindi da percorrere con attenzione. Due serie di tornanti, che permettono di spaziare sempre più ampiamente sulla circostante conca, adducono ristoro del sasso dell’agnello [ex Ristoro Largone]. Ancora qualche tornante poi la strada prosegue in costa con molte gallerie. Si lascia a destra una strada in costruzione assai larga che secondo i progetti dovrebbe raggiungere l’alpeggio di Campagneda per lo sfruttamento della piana e del ghiacciaio del Pizzo Scalino per lo sci estivo ed invernale (i lavori in un primo tempo sospesi, saranno presto ripresi e certo portati a termine. Si tratterebbe di una colossale speculazione edilizia, con l’unico risultato certo di distruggere definitivamente uno degli ambienti più incontaminati della valle). [I lavori, seppur ipotizzati da qualche imprenditore, non hanno mai avuto inizio; la strada agro-silvo-pastorale è destinata al servizio delle attività degli alpeggi]. Si supera il piazzale di accesso alla centrale elettrica in galleria e si perviene, alla fine, alle costruzioni di Campo Moro 2000 m dominata dall’alto dal rifugio Zoia del C.A.I. di Milano (14,5 km). Dopo una curva, appare, sulla sinistra, il lago artificiale di Campo Moro nel quale si specchia l’erta e dirupata parete del Sasso Moro, mentre, sullo sfondo, la valle è chiusa dalla seconda e ben più imponente diga di Alpe Gera, che sembra a sua volta sovrastata dalle lingue di ghiacciaio della vedretta di Fellaria. La si può raggiungere proseguendo sulla strada che costeggia il primo lago e che supera una cappella dedicata agli operai morti durante i lavori di costruzione delle dighe. Oltrepassata una breve galleria si perviene ad un largo piazzale, un tempo occupato dalle case degli operai. La strada a questo punto è sbarrata per motivi di sicurezza e non è quindi possibile proseguire in macchina in pochi minuti, a piedi, però, si possono risalire i due ultimi tornanti che portano al livello della casa dei guardiani e successivamente alla passerella in cemento che dà la possibilità di toccare la sommità della diga. Stupenda la vista del bacino sottostante chiuso all’orizzonte dalla mole del Monte Disgrazia e della vedretta di Fellaria che getta nel lago una suggestiva cascata. Sul costolone di sinistra è facilmente individuabile la Capanna Bignami (2401 m) del C.A.I. di Milano raggiungibile in circa un’ora di comoda mulattiera. Dalla diga passa la settima tappa dell’Alta Via della Valmalenco: rifugio Bignami - Val Poschiavina - Capanna Cristina che può essere anche effettuata da qui come gita di un giorno, includendo al ritorno il rifugio Zoia.

    Tratto parzialmente da: Valmalenco, di Nemo Canetta e Giancarlo Corbellini. Tip. Tamari, Bologna, 1976.

    Curiosità

    collegamenti per un buon racconto

    Si andava solo a piedi // Fino alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso l'alpeggio di Campo Moro (1.934 m), e quello di Alpe Gera (2.024 m), ora completamente sommersi dagli omonimi bacini, e gli alpeggio di Alpe Gembré (2.217 m), Alpe Val Poschiavina (2.220 m) e Alpe Felleria (2.401 m), il più alto di tutta la Valmalenco, erano raggiungibili solo attraverso un sentiero che da Lanzada saliva alle località di Valena, Franscia, Dosso dei Vetti, Campascio e Foppa, fino a raggiungere Campo Moro e da qui proseguire verso l'alta valle del Cormor.

     

    Lo sviluppo turistico // La strada per campo Moro e Alpe Gera, venne aperta al pubblico solo negli anni Novanta. Come in altre vallate laterali della provincia di Sondrio, dove vennero costruite le grandi dighe, anche la strada Lanzada - Campo Moro è un esempio di come queste grandi opere idroelettriche abbiano permesso non solo una nuova viabilità agricola verso maggenghi e alpeggi, ma anche il successivo sviluppo turistico ed escursionistico dell'Alta Valmalenco.

     

    1000 metri di dislivello // La strada copre un dislivello di oltre mille metri (1041) tra i 983 m sul livello del mare di Lanzada e i 2024 metri di Gera. Nel libro I luoghi dell’acqua. Architetture e paesaggi delle centrali elettriche in Valtellina è così descritta la nuova strada: “Un’opera complementare, ma d’importanza non secondaria, è rappresentata dalla strada che da Lanzada sale a Campo Moro. L’infrastruttura, realizzata dalla stessa Vizzola, è composta da opere d’arte di notevole pregio, con diversi chilometri di gallerie scavate nella roccia viva, ponti e opere di sostegno, il tutto inserito nello scenario paesaggistico della val Lanterna.”

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    Foto: Simone Bracchi, Alberto Carati, Valentina Colombo, Joyce Vedovatti. Testi sezione mineralogica Carmen Mitta, Pietro Nana.

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