Alcuni licheni che crescono sulle rocce alpine possono comportarsi come veri e propri orologi biologici. Questi licheni colonizzano superfici di recente esposizione, sviluppandosi lentamente ma in modo costante e uniforme. Proprio grazie alla regolarità della crescita, è possibile stimare l’età di un lichene osservandone il diametro e, da questo, risalire al tempo di esposizione della roccia. Questa tecnica prende il nome di lichenometria.
Per calcolare il tasso di crescita locale dei licheni, si analizzano le dimensioni di quelli presenti su superfici datate storicamente, come i massi delle baite o le frane. In genere, il tasso di accrescimento annuo varia tra 0,3 e 0,9 millimetri all’anno. Una volta determinato questo valore, diventa possibile datare le morene formate dai ghiacciai durante le loro fasi di avanzata. Si tratta di uno strumento importante per comprendere quando e quanto si siano espansi i ghiacciai in passato.
La specie più usata in lichenometria è il cosiddetto lichene geografico, molto diffuso sulle rocce silicee delle Alpi. Questo lichene si riconosce facilmente per il tallo giallo-verdastro macchiato da chiazze nerastre, che ricordano una carta geografica. Su superfici rocciose stabili, può vivere centinaia o persino migliaia di anni, fornendo così informazioni preziose sulla storia climatica locale.
Grazie a questo metodo, il professor Orombelli ha stimato nel 1987 che la morena più esterna della zona risale al XVII secolo, mentre quella interna alla prima metà del XIX secolo. Questo punto rappresenterebbe la massima espansione del ghiacciaio degli ultimi 10.000 anni, una testimonianza fondamentale per comprendere l’evoluzione dei ghiacciai alpini in risposta ai cambiamenti climatici.