Una delle forme glaciali più riconoscibili durante un’escursione in montagna è senza dubbio la morena, un accumulo di detriti che si distingue chiaramente nel paesaggio per la sua forma allungata e rialzata rispetto al terreno circostante. Le morene laterali, anche chiamate morene di sponda, si formano lungo i margini del ghiacciaio e rappresentano una traccia evidente dei limiti raggiunti dal ghiaccio durante le sue fasi di espansione.
Percorrendo il sentiero è ben visibile una morena laterale posta sul lato destro (idrografico) dell’antico ghiacciaio. Queste formazioni si creano quando il ghiacciaio attraversa una fase di rigonfiamento, cioè quando avanza e i detriti presenti lungo le pareti rocciose cadono ai margini, trasportati e accumulati dal ghiaccio stesso. Più intensa è stata la fase espansiva, maggiore sarà la dimensione della morena.
La morena che osserviamo oggi si è formata durante la Piccola Età Glaciale, un periodo freddo compreso tra il 1300 e il 1800, e in particolare durante le pulsazioni glaciali del Seicento e dell’Ottocento, quando il ghiacciaio raggiunse il massimo della sua estensione recente. Analizzando il dislivello tra il filo della morena e il fondovalle attuale, possiamo stimare lo spessore della lingua glaciale, che agli inizi del Novecento superava i 100 metri di altezza in questo settore.
Oggi, queste strutture naturali rappresentano una straordinaria testimonianza geologica e ci permettono di comprendere meglio l’evoluzione dei ghiacciai alpini nel tempo. Osservandole da vicino, possiamo leggere la storia climatica delle Alpi e riflettere su come i ghiacciai rispondano ai cambiamenti del clima.