La storia della Capanna Marinelli al Bernina
Le origini della capanna Marinelli all’Assemblea dei Soci della Sezione Valtellinese del Club Alpino Italiano tenutasi a Sondrio il 2 maggio del 1880 sotto la Presidenza del senatore Luigi Torelli. Qui infatti fu deliberata la costruzione di due rifugi per l’ascensione al Monte Disgrazia e al Bernina, opere puntualmente ultimate ed inaugurate nell’anno stesso. Il rapporto dell’Assemblea pone bene in evidenza come il merito della felice scelta della località ove si costruì il Rifugio Scérscen, che nel 1882 prese il nome di rifugio DAMIANO MARINELLI, tocchi a quel valoroso ed entusiasta scalatore delle montagne del Bernina, caduto nel 1881 sul Monte Rosa, che tanto si prodigò per la realizzazione del progetto. Infatti nel rapporto stesso è testualmente detto: “spetta questa bella iniziativa al signor Damiano Marinelli, socio della solerte sezione di Firenze, che poi la propugnò validamente e tuttora pensa ad essa inviandoci disegni e dettagli di costruzione, interessando chicchessia ad erogare in qualche modo qualche modesto sussidio onde l’ideato Rifugio possa tradursi in atto per la prossima stagione estiva”. Dalla relazione medesima traspaiono le preoccupazioni per le difficoltà tecniche e soprattutto finanziarie che in ogni tempo ed in tutte le imprese assillano maggiormente gli esecutori. Dalle pubblicazioni dell’epoca si apprende poi la cronaca dell’inaugurazione del rifugio, avvenuta, sommamente contrastata dalle avverse condizioni atmosferiche che fecero desistere parecchi iscritti dal parteciparvi, il 1° settembre 1880. Piccola e ben modesta costruzione fu quella iniziale, formata da un unico vano sobriamente arredato come era d’uso nei tempi eroici dell’alpinismo. E tale rimase fino all’anno 1906 quando, per interessamento del presidente di allora Antonio Cederna, ebbe il suo primo ampliamento. Nel 1917 fu ulteriormente ingrandita per opera degli Alpini, ivi accantonati, al comando del capitano Davide Valsecchi, per addestrarsi all’uso dello sci che da poco aveva fatto la sua apparizione ufficiale in Italia. Sotto la Presidenza dell’avvocato Rinaldo Piazzi venne poi raddoppiata, nel 1925, l’accogliente caratteristica veranda che gli anziani ricordano con affettuosa nostalgia. Nel 1938, presidente professor Amedeo Pansera, che già da numerosi lustri dedicava la sua competente, appassionata opera in favore del Sodalizio, venne compiuta la prima radicale trasformazione che portò la Capanna al livello dei più bei rifugi del tempo. Seguirono alcune opere di finitura effettuate durante la Presidenza del ragioniere Luigi Bombardieri; ed infine, nel 1947, presidente professor Bruno Credaro, che da allora regge valorosamente la sezione, ebbe inizio l’ampliamento del rifugio, opera testé portata a termine nella sua parte essenziale. Spetta al compianto Peppo Perego, medaglia d’oro al valor militare, ed affezionato al gruppo del Bernina, il merito di aver dato lo spunto alla realizzazione dell’impresa: infatti fu il suo vivo amore per la zona, espressa in tutte le occasioni ma in modo particolare nell’ultima lettera diretta ai familiari alla vigilia dell’olocausto della sua giovane tanto promettente esistenza, che, suggerendo ai genitori di concedere una munifica donazione al Sodalizio, portò ad esaminare l’opportunità di compiere un’opera che avesse a ricordarlo. E da qui sorse l’idea di effettuare il raddoppio dello stabile, compiuto con la concorde partecipazione della Commissione Onorifica, (alla quale si compiacquero aderire oltre al Consiglio Sezionale tutte le Autorità della provincia, comprendendo l’importanza dell’iniziativa) del munifico Ispettore Onorario del Rifugio dottor Felice Fossati Bellani, nonché della commissione esecutiva presieduta dal ragionier Luigi Bombardieri e composta dai Signori ragionier Bruno Melazzini e ragioniere Aldo Tonini. Valido contributo offrì pure il custode del rifugio, signor Cesare Folatti, che si prodigò con intelligente attaccamento nell’effettuazione dei propri compiti. Il progetto dell’opera fu steso e generosamente offerto dal benemerito consocio dottor ingegner Ugo Martinola, che da decenni è il tecnico del Rifugio. Nella sua relazione non mancano momenti particolarmente delicati, quali una forte nevicata caduta durante la costruzione, che, oltre a far perdere giornate preziose, fu di grave minaccia ai lavori già compiuti, ed una bufera sopraggiunta mentre si stava ponendo il tetto, che minacciò di spazzar via uomini e cose. Momenti difficili che vennero superati per merito dell’encomiabile abnegazione degli esecutori materiali dell’impresa, ai quali si deve rivolgere un vivo elogio per essersi prodigati nella loro compito con tenacia e con alto senso del dovere, operando in situazioni sempre difficili ed alle volte addirittura drammatiche. Se si pensa all’ubicazione tanto disagiata del Rifugio e soprattutto al particolare che il sodalizio si accinse, nel 1947, ad un’opera così ardua con disponibilità di bilancio estremamente limitate, facendo solo affidamento sulla simpatia che la Capanna gode ovunque, si può essere invero soddisfatti dei lavori ultimati, e già completamente pagati, che si concretano nella nuova costruzione ora portata a termine per intero della sua parte esterna e, per buona parte, anche in quella interna. Il merito dei risultati conseguiti è dovuto all’apporto giunto da ogni dove con spontaneo commovente entusiasmo: dai parlamentari alle autorità tutte, agli enti, agli istituti di credito, che furono tanto generosi anche nell’accordare la fiducia, alle società, alle ditte, ai soci e simpatizzanti dell’alpe che aderirono all’iniziativa. Impossibile elencare qui la lunga serie dei generosi che offrirono il loro contributo alla cospicua impresa nelle più svariate forme: ad essi vada comunque il più vivo affettuoso grazie del Club Alpino Italiano e di quanti apprezzano i valori altamente spirituali scaturenti dalla passione per la montagna e ne auspicano un sempre maggiore riconoscimento.